GINO MARINACCI


La macchina del tempo ci riporta indietro, al 19 agosto del 1933. 

A Cittaducale, in provincia di Rieti, si festeggia il Patrono.

Un bambino, sette anni non ancora compiuti, esce dalla sua casa di via Garibaldi, con il clarinetto in una mano.

Ad accompagnarlo è il padre Umberto, direttore della banda musicale del paese. È la prima esibizione in pubblico per Gino ma questa si trasforma in un trionfo che suscita ammirazione tra i vecchi dell ’ensemble, entusiasma gli ascoltatori, inorgoglisce il genitore. 

La carriera artistica di uno dei più grandi jazzisti italiani ed europei inizia così, tra le divise della banda musicale di Cittaducale. 

Nato a Raiano, in provincia dell’Aquila, il 24 agosto del 1926, Gino Marinacci è un civitese a tutti gli effetti.

Inizia gli studi musicali presso il Collegio di Musica della Gioventù Italiana, sezione del Conservatorio di S.Cecilia specializzandosi in clarinetto ma anche nel saxofono. Come già ricordato nello scorso numero della rivista, è sin da giovanissimo parte del prestigioso gruppo reatino diretto da Dino Fedri.

Professore d’orchestra e valente esecutore, partecipa come sax baritono a vari eventi musicali con le Orchestre Sinfoniche della Radio Televisione Italiana.

Sotto la direzione dei più noti maestri dell’epoca, tra cui Ennio Morricone e Riccardo Muti, prende parte a numerose incisioni discografiche della R.C.A e si distingue nella grande Orchestra ritmo sinfonica di Radio Torino, diretta dall ’indimenticabile Armando Trovajoli. Inoltre, come se non bastasse, Marinacci, è parte dell’orchestra ritmo sinfonica della Radio Televisione della capitale.

Nel 1966, ormai artista affermato, un tragico destino lo coglie, alla guida della sua Porsche, sull’ autostrada Aosta - Ivrea. Sopravvive all’incidente ma una sedia a rotelle diverrà la sua compagna fino alla fine dei suoi giorni.

Questo tragico evento non ferma però la sua la passione che lo conduce dopo qualche tempo, al Berklee College of Music di Boston. Lo studio e la ricerca, in particolare in campo jazzistico, lo conducono in un percorso assolutamente non scontato, verso un rinnovamento cioè del genere musicale, decisamente più «europeo» e distante dai canoni tradizionale degli spirituals.

Nel 1971, alla Mostra della Musica di Venezia, risulta vincitore dell’ambìto «Armstrong», premio con cui viene consacrato come il migliore jazzman italiano.

 È senza dubbio questo, il periodo di maggior attenzione della stampa, anche non specializzata, e di maggior fama, dato che sempre più frequentemente il musicista civitese «buca» anche il piccolo schermo. Esce il suo Lp «idea» che contiene la sigla del programma Tv «Un volto, una storia».

È addirittura ideatore del programma televisivo «Amico flauto», condotto nel 1972, dal mitico Renzo Arbore, e a cui egli stesso partecipa accanto a grandi artisti come Mina, Milva, Irio De Paula ma anche a gruppi che hanno fatto la storia del rock progressivo in Italia come Delirium e Osanna. 

L’artista italiano si spegne prematuramente nel 1982, all’ età di cinquantasei anni.

È importante ricordare che a Cittaducale, nel 1997, è nata l’Associazione «Gino Marinacci» e che, ormai da anni cura l’organizzazione del «Duke’s Festival», rassegna musicale estiva dedicata al grande musicista civitese e a cui partecipano prestigiosi interpreti del jazz nazionale ed internazionale.

 

Egisto Fiori

 

Tratto da Orizzonti. 2009

 

A sinistra, Gino Marinacci in compagnia del chitarrista brasiliano Irio De Paula in occasione del programma televisivo in 4 puntate "Un Flauto nella sera", 

il cui conduttore e presentatore fu Renzo Arbore.

In basso, alcune copertine di dischi.




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