GIOVANNI MARCONICCHIO



Nei primi anni ’60, nei dintorni del viale Maraini, era un pò come vi vere in campagna. Poche case, lo zuccherificio e lo stabilimento della Viscosa a due passi, la sirena della fabbrica che scandiva il tempo, il treno che attraversava il viale mentre gli addetti fermavano le auto con il solo ausilio di una paletta. La palazzina «dello zuccherificio» è stata tra le prime ad essere costruite in zona. 

Lui abitava lì, al civico 24 di via Leonessa, a pochi metri dalla casa dell’autore di questo articolo. È solo per questo che mi permetto di iniziare con questo mio piccolo ricordo personale. Involontariamente infatti, Giovanni Marconicchio è parte delle mie memorie di infanzia e di quelle dei miei pestiferi compagni di gioco. In tutta la sua statura, solitamente nel suo completo grigio, per noi bambini, era quasi un gigante buono. Mi piace ricordarlo, già avanti negli anni, al ritorno dalle sue passeggiate a piedi oppure quando, con gesti lenti e abitudinari, metteva in moto la sua Fiat 127 e si avviava verso chissà quale ignota destinazione. Era un giornalista vecchio stile, Giovanni Mar-conicchio, di quelli che prima di fare una recensione, andavano a vedersi lo spettacolo. Polistrumentista, compositore, appassionato di lirica, potevi incontrarlo, nonostante l’età, nei concerti rock o durante le esibizioni, non sempre entusiasmanti, di un certo teatro «d’avanguardia». Qualche volta sembrava appisolarsi ma chiudeva solo gli occhi per un istante, ritornando forse indietro alla sua gioventù, alle sue storie, ai suoi ricordi, a quando le chitarre non erano ancora elettriche e magari in piena notte, si andava ancora a cantare la serenata sotto la finestra dell’innamorata. 
  
«Era il mese di gennaio e le mura di Porta D’ Arce rilucevano imbiancate da una fresca nevicata. Era una sera da brivido, con il mercurio parecchio sotto lo zero. La mezzanotte era già scoccata e con noi, in Via delle stelle, era il caro Pier Luigi Mariani. Eravamo innamorati della stessa splendida ragazza e decidemmo di farle una serenata accompagnati dagli amici più stretti. Nel più bello arrivò il “pattuglione” della polizia e dopo aver preso le nostre generalità, ci sequestrò la chitarra. Nello scompiglio, le finestre della nostra amata, da poco illuminate, si richiusero precipitosamente. La chitarra venne venduta all’asta dal tribunale ed uno sconosciuto riuscì ad accaparrarsi il prezioso strumento. Rincorremmo l’uomo e finalmente, dietro il riscatto di quanto pagato all’asta e grazie alle suppliche di Pier Luigi Mariani e quelle mie, riuscimmo a recuperare la nostra chitarra». 

Quella tra Marconicchio e Mariani è stata senza dubbio una grande amicizia, coronata da un fortissimo sodalizio artistico. Molte delle opere del grande poeta e commediografo reatino hanno infatti trovato nella musica di Giovanni Marconic-chio il suo alveo naturale. Il nostro lavorava come dirigente presso lo zuccherificio di Rieti con frequenti spostamenti negli stabilimenti di Genova, Avellino e Latina. In questi periodi però, si teneva in contatto con il Mariani tramite qualche rara telefonata ma soprattutto, grazie ad uno scambio epistolare continuo. Mariani fu la punta di lancia di una stagione culturale entusiasmante. Inventò il teatro dialettale e portò i reali personaggi della strada e dei rioni sotto i riflettori della ribalta. Il primo gruppo teatrale, che ebbe come protagonisti Dario Nerici, Vincenzo Marchioni, Anita Pitoni, prese il nome di Piccola scena. La commedia d’esordio del teatro in vernacolo reatino fu L’amore ’ncagnarellu, rappresentata il 14 settembre 1949.  Nel connubio Marconicchio - Mariani, il secondo era probabilmente l’ispiratore, colui che più sovente sceglieva i temi da trattare ma ciò, sempre nell’ambito di una collaborazione stretta ed affiatata, alla pari, diremmo oggi, che con una produzione artistica intensa e di rilievo, ha reso indelebili fatti, situazioni e personaggi della realtà locale. Pier Luigi Mariani, fino alla sua morte, avvenuta nel giugno del 1952, ha potuto sempre contare sull’esperienza e il supporto del suo fraterno amico Giovanni e questo sia per le commedie in vernacolo come Lu piccaru e Lu cuccumello , solo per fare degli esempi, sia per opere in lingua. Tra queste ultime, è sicuramente da annoverarsi Itaca non è più, favola eroica in cinque quadri, ambientata al tempo della guerra di Troia, scritta nel 1946 e premiata al concorso nazionale S. Pellegrino. 

Mariani è stato il riconosciuto iniziatore del teatro vernacolare a Rieti. Con lui e con Marconicchio però, prese il via anche la canzone dialettale il cui atto di nascita può essere individuato, con tutta difatti, che fu scritta e lanciata La festa migliore, canzone dedicata alla festa dell’uva di Rieti. Nel secondo dopoguerra «la montagna di Roma» cominciava ad avere i primi estimatori e Rieti, malgrado le ferite inferte dal conflitto, si trovava in piena ricostruzione. I giovani di allora amavano incontrarsi per ballare a Valle Chiara, al dopolavoro della Viscosa, allo zuccherificio. C’erano dei complessini locali e tra questi uno affermato anche nel circondario, composto da Marconicchio, Tiberti, Forgini e dal grande Gino Mari-nacci. «Era il gennaio del 1946, è  lo stesso Marconicchio a raccontare, e tornavamo da Contigliano, dove eravamo stati a fare una serenata insieme a Pier Luigi Mariani. Nella notte tersa e stelllata, il Terminillo, stracolmo di neve, era come se ci guardasse dalla sua sommità. Chiesi a quel punto all’ amico Pier Luigi di scrivere le parole per una serenata al Terminillo mentre provavo a fischiettarne il motivo. Il giorno seguente, seduto al pianoforte, misi insieme le note. Nacque in questo modo una tra le più belle canzoni popolari reatine». Con Invito al Terminillo, vero e proprio inno della reatitudine, il duo Marconicchio- Mariani, aveva colpito ancora. Il brano poi, nella versione ancora oggi più conosciuta, fu superbamente interpretato da Romualdo Pitotti.  

La fonte di ispirazione non veniva però solamente dalle bellezze del territorio. Correva l’anno 1937. Adolfo Leoni si aggiudicò da leader il campionato del mondo dilettanti a Copenaghen. Nell’anno successivo, vinse la sesta tappa Chianciano Terme- Rieti del giro di’Italia. Fu un trionfo che rimase nella memoria degli sportivi reatini per tanti anni. Il  Mariani prese spunto dall’evento, per creare una nuova canzone dedicata alla sua amata che come molti, pedalando pericolosamente in bicicletta, sognava di emulare le gesta del campione del ciclismo. «Da quanno che Leoni bence sempre, Ninetta mea se penza d’esse un’assu». Inizia così Ninetta in bicicletta, serenata che ricorda molto alcune atmosfere delle canzoni di Paolo Conte. Il brano, manco a dirlo, venne eseguito per la prima volta, nella ben nota Via delle Stelle. Questa volta ad interrompere la kermesse non fu il «pattuglione della polizia» ma le proteste degli abitanti. Alla fine, come in una favola, la situazione volse in favore dei nostri prodi a cui, tra gli applausi, fu addirittura richiesto il bis. Anche Marconicchio, in quella stramba occasione, ebbe la sua parte indiscutibile di successo tanto che da dietro una persiana socchiusa s’udì gridare «Dagli Giua’, dagli più forte co’ essa chitara!». 

Tra le più riuscite e note canzoni in dialetto scritta dal duo Mariani-Marconicchio, possiamo senz’altro comprendere la Fontanella dde li guai. Scritta appositamente per la commedia Lu piccaru venne eseguita per la prima volta da «Checco» Ianni che con Antonio Proietti, si divideva in quel tempo i successi delle serate musicali reatine.  
La canzone, il cui testo ruota su un esplicito ma delicato doppiosenso, è stata ispirata dai numerosi «nasoni» pubblici che negli anni ’50 dissetavano i reatini.  
«Spesso dopo le serenate e cenette di vario tipo, raccontava Giovanni Marconicchio, una sosta d’obbligo era quella presso una delle tante fontane che in quegli anni popolavano Rieti. 
Una sosta per raccontare e commentare le storie d’amore, rinfrescandosi con le dolci acque di una fontanella. Scrissi questa canzone, con la stretta collaborazione di Pier Luigi Mariani. Confesso che fummo costretti a rivedere la metrica più volte perchè alcune parole poco si adattavano alla musica. Alla fine però, restammo entrambi soddisfatti tanto che esclamammo: Staorda è bbenuta propriu bbe’! La conferma ci venne durante la prima rappresentazione de “Lu piccaru” quando venne richiesto per varie volte il bis». 

Alcune tra le più note canzoni musicate da Marconicchio sono raccolte in un 33 giri recensito tra l’altro, anche da Gino Ma-rinacci, uno dei più grandi jazzisti italiani. 
 «Aquilano di nascita ma vissuto a Rieti sin dall’infanzia, Giovanni Marconicchio ha uno spiccato senso della melodia, nella quale affiora ora il suggestivo folklore nostrano, ora la linea aristocratica della romanza. Le canzoni comprese nel microsolco presentato dalla “Zeus” per le voci di Laura e di Ro-mualdo Pitotti, rappresentano la più valida testimonianza di questo positivo apprezzamento. È un disco che merita di entrare in ogni casa, anche perché esso è dedicato alla nostra cara città ed al suo poeta Pier Luigi Mariani. Le dodici canzoni, scritte negli anni 40 e 50 su testi del Mariani, si avvalgono di un’orchestrazione moderna che senza nulla togliere alla bellezza della melodia, ne arricchisce la tessitura e le rende attuali, e quindi in grado di soddisfare i gusti dei giovani e dei meno giovani. Pertanto, è un disco valido non soltanto per i miei conterranei, ma anche per tutte le persone amanti della buona musica ed è anzi auspicabile che non resti come testimonianza isolata, ma abbia nel futuro una sua continuazione».

Il disco, dal titolo Omaggio a Rieti e al suo poeta, contiene dodici canzoni. Quelle in lingua sono cantate da Laura (premio Campidoglio) e quelle in dialetto reatino da Romualdo Pitotti. L’arrangiamento è stato curato da Gianni Mattioli che ha messo a disposizione per la registrazione anche la sua orchestra. Grazie al disco si possono ascoltare alcune delle canzoni già citate in precedenza come Invito al Terminillo e Ninetta in bicicletta ma anche La fontanella dde li guai e La canzone dde la copeta, facenti parte della commedia Lu piccaru. Struggente, un vero e proprio gesto d’amore verso Rieti, è la canzone  Le campane dde Santa Maria utilizzata ne Lu cuccumellu. Estratto invece dalla commedia Sogno di un plenilunio d’estate, possiamo ascoltare Rosolaccio, canzone in lingua che non ha niente da invidiare ai grandi successi discografici del tempo. D’altro canto va detto che i responsabili dell’etichetta napoletana Zeus che stampò il disco, avevano già negli anni’60 scoperto e lanciato sul mercato diversi talenti della musica leggera italiana. Peccato che le informazioni sul 33 giri siano carenti. Manca la data di stampa, il nome del disegnatore della copertina e soprattutto quello dell’ l’autore del bellissimo testo in memoria di Pier Luigi Mariani, probabilmente scritto dallo stesso Giovanni Marconicchio. Il Long Playng, unica incisione del genere, rimane un bene prezioso per tutta la comunità. È grazie ad esso infatti, che si sono potuti fissare nel tempo voci, note e profumi, mantenendo vivo il sapore di una Rieti ormai sparita. Marinacci aveva ragione e con il passar del tempo possiamo ancor di più apprezzare la sua lungimiranza. 
  
Molti degli aneddoti presenti in queste pagine, sono stati raccontati da Giovanni Marconicchio al nostro direttore, durante lo svolgimento del concorso lirico dedicato a Mattia Battistini Entrambi infatti, hanno fatto parte della giuria, insieme a grandi nomi della lirica internazionale del calibro di Gino Bechi, Antonietta Stella, Giangiacomo Guelfi. La giuria come è noto, era composta anche da Franca Valeri e dal maestro Maurizio Rinaldi. Il ruolo di giudice di Marconicchio risale al 1980, data di nascita del concorso per giovani interpreti dedicato al grande baritono reatino e si protrasse fino al’ultima edizione del 1994. Naturalmente, in tutti questi anni, non smise mai di scrivere per il quotidiano «Il Tempo» nè di comporre musica. È durante lo svolgimento del concorso lirico che Marconicchio dedicò alla sua amica Franca Valeri, la romanza Serenata al vento. Il brano piacque moltissimo anche alla vincitrice dell’edizione 1986 del «Mattia Battistini» Stefania Bonfadelli, allora poco più che ventenne, che lo inserì nei suoi concerti, cantandolo sul palco dei principali teatri italiani. 

Durante una delle cene con gli artisti del concorso lirico Mattia Battistini, Giovanni Marconicchio descrisse ai presenti le bellezze della piana reatina e convinse Giuliano Rossi a scrivere le parole per una possibile canzone. Ecco un breve racconto del nostro direttore. 
«La piana era per entrambi piena di bei ricordi. Giovanni ne era assiduo frequentatore, anche in occasione della campagna bieticola dello zuccherificio. Io la conoscevo sin da ragazzino, da quando accompagnavo mio padre per la raccolta grano della CGIL-Federmez-zadri. La pianura di Rieti poi, ci aveva ospitato tante volte, anche per i pericolosi e poco salutari  bagni estivi nelle sue acque gelide . Tu, mi disse, devi scrivere le parole per questa nostra piana poichè io ho già la musica in testa. Deve essere un omaggio a tanta gente laboriosa che in essa vive, opera e lavora. Non me lo feci ripetere due volte. Passati solo pochi giorni dalla cena, presentai l’elaborato a Giovanni che in poco tempo compose la musica. In verità, quelle parole, essendo innamorato della pianura reatina, le avevo scritte già da tempo. Nacque così, “La piana dde Riete”». 

Giovanni Marconicchio, nato il 2 ottobre 1910, iniziò a scrivere musica appena sedicenne. La sua produzione comprende oltre cento brani musicali, fra canzoni in vernacolo e lingua, molte delle quali scritte in collaborazione con Pier Luigi Mariani. A queste vanno aggiunte tre fiabe musicali : Fior di cielo, Tre sorelline brave ma sciocchine, e Quattro scarpe rotte e un soldo, completata nel 1931. Con il Mariani fu scritta anche Veliniana una rivista rimasta incompiuta per la morte dell’amico poeta e quindi mai rappresentata. Giovanni Marconicchio, notissimo giornalista reatino, ha avuto collaborazioni con molti artisti locali ed è stato fondatore, nonchè presidente,del gruppo corale Martin Luther King, Fin dalla nascita del GAD Pier Luigi Mariani, erede del Piccola scena, ha composto le musiche di tutti gli spettacoli. Non poteva essere altrimenti anche se del suo fondamentale apporto si sono potuti fregiare altri gruppi teatrali tra cui Sipario Aperto, Il Piccolo Teatro Città di Rieti e Il Siparietto di Lisciano. Giovanni Marconicchio si è spento a Rieti il 13 novembre 1997. Durante le esequie una folla numerosissima ha voluto rendere l’estremo omaggio all’amico, al conoscente, ad uno dei più illustri e celebri musicisti del capoluogo sabino. Quanto pubblicato in queste pagine, intende essere un primo modesto tributo verso un artista complesso che intimamente legato alla nostra città, se ne è fatto cantore scrivendo note indimenticabili che come reatini dovremmo sentire nostre ma a cui tutti , più o meno inconsapevolmente, di certo apparteniamo. 

Egisto Fiori

Tratto da Orizzonti, ottobre 2009



                            FOTO E VIDEO


 

Giovanni Marconicchio  ( il primo da sinistra) durante uno dei tanti spettacoli in vernacolo di cui spesso curò la stesura delle colonne musicali e la composizione di canzoni passate alla storia, seppur locale. Accanto a lui, con la fisarmonica, Lello Micheli che fu tra i fondatori del gruppo beat " The Friends". 

«Era il gennaio del 1946  -è  lo stesso Marconicchio a raccontare-  e tornavamo da Contigliano, dove eravamo stati a fare una serenata insieme a Pier Luigi Mariani. Nella notte tersa e stellata, il Terminillo, stracolmo di neve, era come se ci guardasse dalla sua sommità. Chiesi a quel punto all’ amico Pier Luigi di scrivere le parole per una serenata al Terminillo mentre provavo a fischiettarne il motivo. Il giorno seguente, seduto al pianoforte, misi insieme le note. Nacque in questo modo una tra le più belle canzoni popolari reatine». Con Invito al Terminillo, vero e proprio inno della reatitudine, il duo Marconicchio- Mariani, aveva colpito ancora.

Il brano poi, nella versione ancora oggi più conosciuta, fu superbamente interpretato da Romualdo Pitotti.  

Romualdo Pitotti canta Invito al Terminillo Testo di Pier Luigi Mariani. Musica di Giovanni Marconicchio.

Arrangiamento ed orchestra di Gianni Mattioli




L'articolo a fianco, è tratto da de Il Messaggero del 17 novembre 1998.